|
||
Rigomago,
provincia profonda. È una sera del febbraio 1921 e in un vecchio
palazzotto di città si danno appuntamento personaggi privi d’identità
sociale, misantropi sublimi, anime in pena, sognatori. Credono di averlo
già pagato il conto con la vita. E invece… (…) Sono microtragedie
ironiche e patetiche che un filo comune lega. Come quella in cui una
lettera inaspettata e priva di mittente basta a sconvolgere l’esistenza
di un lui e di una lei incatenati da un sentimento esclusivo. O come
quell’altra in cui il caso fa balenare a una giovane coppia l’immagine
di un paradiso a portata di mano, trascinandola in un’avventura votata
alla catastrofe. Per non parlare dello zingaro che arriva, irrompe nella
vita di chi mai e poi mai se lo aspetterebbe, e subito è un incendio che
fa luce e porta rovina. Sempre si tratta dello straniero che incanta e
seduce ma nello stesso tempo ferisce al cuore, anche in modo mortale. Non
è lui il dio barbaro, dio tenero e crudele, ultimo dio rimasto all’uomo
non si sa se per consolarlo o per tormentarlo? O forse c’è
dell’altro. C’è la strana ma preziosa alchimia spirituale che
converte gli inganni del cuore e della mente in una forma paradossale di
verità. Secondo l’antico detto tragico per cui non è data nessuna
conoscenza se non attraverso il dolore. “Favola delle cose ultime si intitolava il primo, avvincente romanzo di Sergio Givone. E di cose ultime tratta anche, a irradiazione e complemento dei suoi libri filosofici, Nel nome di un dio barbaro. Lo sfondo ambientale è lo stesso, i paesi e la terra grassa della risaia vercellese, i mestieri e il ruvido dialetto che assaporati di per sé, sul filo di una memoria tenace, fanno lievitare ogni volta la pagina (…) Givone procede per grandi quadri e stacchi, per blocchi tematici che pur cospirando all’insieme, godono di vita propria. Si impongono così per una speciale felicità espressiva, su registri diversi, la storia incalzante e sincopata del delitto senza castigo, l’elevato dibattito tra il prete e il miscredente, le vocazioni di una infanzia candida e proterva nella gloria della natura su tutte, prevale la figura della vecchia Madlinota, che è la protagonista ideale del romanzo” (Lorenzo Mondo (ttL La Stampa 2.3.2002) Notizie biobibliografiche su Sergio Givone, Sergio Caruso, Maria Moneti Codignola. |
||