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Luigi
Baldacci Dopo
Novecento passato remoto (Rizzoli,
2000) restava da misurare un lettore di professione qual è Baldacci sul
banco di prova delle letterature del mondo. Anche al nuovo libro andrebbe
bene il sottotitolo Pagine di critica militante, che definiva il precedente; ma neppure
in questa occasione l’autore ha rinunciato a un’idea centrale: se Novecento
passato remoto puntavo sullo straordinario primo trentennio del secolo
scorso in Italia, la presente raccolta indica nel decennio
Sessanta-Settanta il momento in cui la crisi di legittimità del romanzo
europeo (esplosa già da gran
tempo) raggiunse la sua massima ampiezza coinvolgendo il nostro paese. E
se non si è del tutto sicuri che quella crisi, oltre ad avere un suo
valore conoscitivo, non sia stata anche un manieristico atto di negazione,
certo il romanzo, europeo e no, non avrebbe più rivissuto un’avventura
intellettuale così eccitante. “Nessun dubbio che Luigi Baldacci sia uno dei massimi critici, e intellettuali, italiani. Tra le qualità più eminenti di questo che è di certo lo studioso maggiore del nostro Novecento ma eccelle parimenti ovunque mette le mani (il Cinque, l’Otto del suo Leopardi e di tanto altro, l’opera in musica …), mi è già capitato di segnalarne una: la piena capacità di portare a consapevolezza, razionalizzare le linee del suo lavoro, la sua poetica immanente. Lo si deve ripetere per questa scelta di scritti, per lo più giornalistici e per lo più degli anni sessanta, su autori – in sostanza narratori stranieri. Come nel caso dello straordinario Novecento passato remoto, l’autore dota infatti il libro di una Giustificazione iniziale così lucida e così ricca (anche nell’aggiornare vecchie opinioni e nel calibrare lo ieri con l’oggi), da lasciare pochissimo spazio al recensore”. (Pier Vincenzo Mengaldo, Alias 10.11.2001). “Gli
Anni Sessanta furono davvero favolosi, almeno per la letteratura. Lo
furono per l’Italia ma anche fuori dall’Italia. Siamo stati fortunati
perché il maggiore critico italiano, Luigi Baldacci, proprio negli Anni
Sessanta prestò servizio come lettore di professione per il settimanale Epoca
e ora ha deciso di raccogliere in un libro (Trasferte
è il titolo, secco ed essenziale) le recensioni dei romanzi stranieri di
allora (…) Il libro è una trasferta in un mondo che non esiste più,
anche nel modo di scrivere di romanzi sui giornali. Alla fine si deve
soprattutto dire che quello che Baldacci dice di Borges (“Ha letto tutti
i libri e non vi ha trovato medicina, se non sia la sublime
distrazione dell’intelligenza: che significa porre un baluardo ultimo di
fronte alla barbarie e nello stesso tempo dichiarare la resa della civiltà”)
noi lo diciamo di lui, ringraziandolo.” (Antonio
D’Orrico, Sette 4.10.2001). |