VILLA DI CASTELLO

Il luogo in cui attualmente sorgono la villa e il giardino di Castello prende il nome dalla presenza nei tempi antichi dell’acquedotto romano di Valdimarina che univa Firenze a Sesto Fiorentino. In latino tardo, infatti il termine castellum significa cisterna, serbatoio e da qui il nome di Castello.

Già nel 1477 Giovanni e Francesco di Pierfrancesco de’Medici, del ramo dei Popolani, avevano acquistato in questa zona case e terreni ed iniziarono una prima ristrutturazione della residenza padronale, ad ovest della quale si trovava, già da allora un piccolo giardino murato, "giardino segreto" dove si coltivavano prevalentemente piante rare.

Questa villa è particolarmente legata alla storia medicea perché fin dalle sue origini vi risiedette il ramo della famiglia da cui avrebbero avuto origine i granduchi che regnarono dal XVI° al XVIII° secolo. A Castello trascorse l’infanzia GIOVANNI DALLE BANDE NERE ed anche suo figlio COSIMO, destinato a diventare il primo granduca di Toscana (n.1519 – m.1574 ).

Fu proprio Cosimo a commissionare allo scultore ed architetto NICCOLO’ TRIBOLO il progetto di sistemazione di un nuovo grande giardino di rappresentanza; il programma iconografico fu invece affidato al letterato BENEDETTO VARCHI. Quest’ultimo immaginò per ogni statua o fontana un significato simbolico, così da rendere il giardino stesso una splendida celebrazione visiva dei Medici, tanto saggi ed abili da amministrare le risorse del territorio toscano in modo da farlo apparire come uno splendido giardino. La celebrazione della dinastia, da poco elevata al titolo ducale, era posta in essere suggerendo l’idea della similitudine fra lo stato fiorentino e lo splendido giardino ricco di acque. Il progetto originale prevedeva infatti che le acque usate per irrigare, partendo dalla dispensa collocata in un folto boschivo alla sommità del giardino (al centro della quale nel 1565 fu collocata la statua bronzea di BARTOLOMEO AMMANNATI raffigurante l’Appennino), si incanalassero in fontane alludenti ai monti e ai fiumi della Toscana e giungessero alle due fontane principali del "Giardino Grande", ambedue con le basi scolpite da Niccolò Tribolo e PIERINO DA VINCI ma una coronata dal gruppo bronzeo di Ercole e Anteo opera di Bartolomeo Ammannati, tuttora presso la villa di Petraia , e l’altra dalla Venere/Fiorenza che si strizza i capelli del GIAMBOLOGNA, attualmente anch’essa visibile nella villa di Petraia.

Tornando al progetto architettonico del Tribolo si deve ricordare che egli impiantò l’asse longitudinale del giardino, cioè la sua divisione principale, in allineamento con il centro del palazzetto originario, che solo in seguito fu ampliato in direzione di Firenze. Al Tribolo si deve anche l’idea di porre al termine di questo asse longitudinale la Grotta degli Animali e dividere il "Giardino Grande" in sedici spartimenti quadrangolari, così come lo si vede anche ai giorni nostri.

L’architetto Niccolò Tribolo non giunse però a vedere completata la sua opera ed i lavori proseguirono sotto la direzione degli architetti DAVIDE FORTINI e GIORGIO VASARI ed in seguito RAFFAELLO PAGNI e GHERARDO MECHINI, giungendo a termine alla fine del Cinquecento, durante il granducato di Ferdinando I° (n.1549 – m.1609).

Per quanto riguarda l’aspetto botanica di questo giardino è da ricordare la sua destinazione, fin dall’origine (la prima testimonianza in questo senso è del 1544), a luogo privilegiato per la coltivazione degli agrumi sia in vaso che a spalliera. Ancora oggi qui si trova una delle più importanti collezioni di agrumi in vaso del mondo, comprendente 500 esemplari di svariate dimensioni, età e varietà, alcune rare e discendenti direttamente da varietà coltivate dai Medici.

Molti furono infatti i membri di questa famiglia che si dedicarono con interesse alla botanica, anche nelle sue applicazioni pratiche, ed alcuni di essi ebbero anche un ruolo nel mantenimento e nello sviluppo del giardino di Castello. Fra questi ricorderemo, nel corso del Seicento, il cardinale Giovan Carlo (n.1611 – m.1663) e il granduca Cosimo III (n.1642 – m.1723) che vi raccolse, in un’apposita serra detta "stufa dei mugherini", una preziosa raccolta di gelsomini, fra cui uno particolarmente profumato e che gli era talmente caro da essere ancora oggi noto con il nome di "Granduca di Toscana".

Dopo l’estinzione della famiglia Medici il giardino visse un breve periodo di decadenza, ma la dinastia dei Lorena, che raccolse il titolo di granduchi di Toscana, prese interesse per questo luogo e vi fece edificare la grande serra denominata "Stanzone dei Limoni", dove è raccolta la collezione degli agrumi.

Attualmente la Soprintendenza ai monumenti cura la conservazione di questo importante monumento, cercando di recuperarne il doppio aspetto di giardino di rappresentanza, ma anche luogo di delizie e di semplici svaghi.

FONTANA DI ERCOLE

Sorge nel luogo ove originariamente si trovava la fontana di Venere/Fiorenza (spostata alla villa della Petraia nel 1788, cioè in epoca lorenese).

La parte in marmo del torsolo e delle vasche è opera degli scultori NICCOLO’ TRIBOLO E PIERINO DA VINCI e fu eseguita fra il 1538 e il 1548.

Descrizione della fontana – Vasca ottagonale al centro della quale sorge un prisma ottagonale (su ogni faccia del prisma si vede il bassorilievo di un animale marino) e su di esso poggia il primo piede della fontana, sostenuto su otto zampe di leone. Segue la seconda vasca su cui è montata una candelabra con due coppie di fanciulli che giocano con delle oche dal cui becco scaturiva acqua, si vede più in alto il secondo piede che sostiene il bacino superiore, ornato da quattro teste di capricorno. Alla sommità della fontana una base con quattro putti che stringono dei pesci ed in cima vi era montato il gruppo bronzeo di Ercole e Anteo, opera di Bartolomeo Ammannati realizzata fra il 1559 e il 1560 (attualmente conservata dentro la villa di Petraia).

GROTTA DEGLI ANIMALI

Rivestita di concrezioni (spugne) calcaree e mosaici rustici, ospita tre fontane composte da vasche marmoree sormontate da gruppi di animali scolpiti in pietre diverse. Il progetto originale di questo ambiente si deve a Niccolò Tribolo, ma fu portato a compimento probabilmente da Giorgio Vasari.

Al centro della grotta era una statua che forse rappresentava ORFEO che con la sua musica incantava gli animali, vi erano anche degli uccelli di bronzo, opere del Giambologna e di Bartolomeo Ammannati, attualmente visibili al museo del Bargello a Firenze. Da questi volatili bronzei, dagli animali e dal pavimento uscivano gli schizzi dei giochi d’acqua per cui la grotta era molto famosa (Montaigne nel 1581 visitò il giardino di Castello, ne rimase incantato e lo descrisse nelle memorie del suo viaggio in Italia).

APPENNINO

Opera in bronzo di Bartolomeo Ammannati, databile al 1563/65, rappresenta la personificazione della catena montuosa da cui scaturiscono le acque dei fiumi della Toscana.

ORTACCIO

Piante dei gelsomini e bella collezione di piante aromatiche, recente acquisizione del giardino, ma collocata in uno spazio dove anche anticamente si coltivavano, in vaso, piante dello stesso tipo.

 

 

 

TESTO ORIGINALE DI : PROF. Silvia Mascalchi

COOPERAZIONE DELLA CLASSE 4A/E.R.I.C.A.

I.T.C.G. "P. Calamandrei".

Iniziativa con la collaborazione della Soprintendenza per i beni ambientali ed architettonici delle province di FIRENZE, PRATO e PISTOIA.

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