L’UNITA’

 

 

Giovedì 23 settembre 2004

 

 

“La parola, per capire chi sei”

Il 13 ottobre a Firenze torna “Leggere per non dimenticare” di Anna Benedetti

 

Di Renzo Cassigoli

 

FIRENZE. “E’ la mia abitudine, e poi è il mio mestiere. Faccio e farò dei libri, ce n’è bisogno. La cultura non salva niente né nessuno, non giustifica. Ma è un prodotto dell’uomo: egli vi si proietta e vi si riconosce, questo specchio critico è il solo a offrirgli la sua immagine”. La conclusione di Le Parole – uno dei libri “letterari” più riusciti di Jean Paul Sartre – richiama alla mente il tema della X edizione di “Leggere per non dimenticare”: lo spaesamento e la parola, che ne è il segno primo. Non a caso, il ciclo si apre il 13 ottobre in Sant’Egidio con il libro di Roberto Vecchioni: Il libraio di Selinunte, parabola poetica di un paese che perde le parole. Con Anna Benedetti che da a dieci anni cura la rassegna, parliamo della scelta di un tema così penetrante della realtà in cui ci troviamo a vivere.

Qual è il senso che lei dà dello spaesamento?

Una condizione che oggi coinvolge ogni aspetto della vita: dalla famiglia, ai rapporti interpersonali, al clima, alla politica, alla filosofia. Una dimensione reale ma anche simbolica, doppia e, quindi, ambivalente. E’, nel contempo, principio di riscatto e di condanna, di salvezza e di disperazione. La condizione di chi trovandosi ex-solium, cioè fuori dal suolo non più protetto dalle abituali regole di condotta intellettuale e cognitiva, è pronto a un nuovo viaggio. Prenderne coscienza pone nella condizione privilegiata di poter rompere i vecchi schemi, in ogni caso persi dolorosamente.

Se il segno dominante dello spaesamento è la parola, il fatto che oggi perda il suo senso quale immagine restituisce all’uomo?

E’ proprio così, la parola è sempre stata per l’uomo un prezioso strumento di esplorazione e di ricerca, essa gli restituisce un’immagine allo stesso tempo disperante e di speranza. La grande ambiguità dello spaesamento è che porta alla luce il dissidio per cui, attraverso la parola  chiave della nostra esperienza, si può verificare se lo stato attuale del mondo può essere descritto con le parole che abbiamo ereditato dalla tradizione.

Si cercano parole nuove per descrivere l’indescrivibile, è questo lo spaesamento?

Oppure tentiamo di restituire alle parole, nel frattempo manipolate, il loro senso. Spesso circolano parole che perdono il loro significato. A questo proposito è molti interessante Parole contro, un libro nel quale si mostra come le parole possono essere espressione di intolleranza e di pregiudizio etnico, ebreo, arabo, negro, “fare cose turche”, “fare l’indiano”. Tutto ciò aiuta a rimediare non solo il passato, ma le tensioni di oggi che respingono la diversità senza che nemmeno ce ne rendiamo conto.

Lo spaesamento quindi è un prisma con tante facce. La parola che serve alla comunicazione, per esempio può anche essere contro la comunicazione?

Sì, perché la comunicazione ha manipolato la parola. E’ diventata fattore di debolezza e anche quando si rivolge direttamente al pubblico saltando le mediazioni, solo in apparenza è democratica, in realtà ha il sapore di un populismo mass-mediatico.

 

La comunicazione che, guardando solo al mercato, trasforma il lettore in consumatore.

Rispetto alla comunicazione mass-mediatica, che svuota la realtà e non dà il tempo di pensare, anche l’amore, quando non si ha il tempo di condividerlo, è solo bruciato. Mi auguro, anzi  sono certa, che esistono settori della carta stampata che aiutano a “leggere”, a ragionare, a capire. Come vede anche la comunicazione può essere un grosso fattore di spaesamento.

La parola e il dolore. Giustamente dedichiamo alla Shoa  la giornata della memoria, ma il dolore e la  violenza non sono solo nella storia, percuotono ogni giorno l’umanità.

La memoria deve essere simbolo non solo di ciò che è accaduto ma di quel che accade, deve indurci a pensare a ciò che avviene nel mondo. In questo senso la parola si estende anche ad altre espressioni, al canto, alla musica.

E’ tornato a diffondersi un grande amore per la filosofia. Può aiutare?

Sicuramente. Perché la filosofia non è più considerata una disciplina accademica, ma una forma di interrogazione della vita, del presente, una risposta alle insicurezze. Lo dimostrano le tante iniziative dedicate alla filosofia: dai lunedì letterari di Milano, affollati da diecimila persone, al Festival della Filosofia di Modena, Carpi e Sassuolo, che per il terzo anno consecutivo registra il tutto esaurito; alla rassegna del Corniani a Mestre, dodici incontri con i migliori autori della filosofia. A “Leggere per non dimenticare” la filosofia è sempre stata presente e gli incntri sono seguiti da moltissimi giovani.

Cosa l’ha portata a scegliere lo spaesamento e i libri di questa edizione?

Ho riflettuto il mio malessere, il mio spaesamento in quello che mi circondava e ho trovato un filo conduttore che mi ha portato a scegliere quei libri che più rispondevano al tema. Il mio spaesamento si è incontrato con lo spaesamento del mondo e della letteratura che lo riflette. E così torniamo a Sartre.