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Dalla
tonnara sull’Isola delle Correnti in una Sicilia arcaica e eterna,
prende le mosse questo romanzo, storia di una grande famiglia tra speranze
e delusioni, illusioni e cadute, fanatismo e profanazione, ostinati e
opposti progetti esistenziali, tra presente e tradizioni. Le emozioni di
tutta la vita del Cavalier Luchino Branciforti fanno capo alla sua
tonnara, luogo religioso della pesca miracolosa, del sangue e del senso,
della pura energia. Ma a Branciforti manca l’erede: il figlio Filippo
non è che un cinico indifferente, il nipote Pietro, rappresentante di un
nuovo mondo, un idealista sensibile, astratto e generoso che all’epica
crudeltà della mattanza preferisce l’amore per gli animali, la
filosofia e la poesia e uno stile di vita che non rispecchia il violento
attaccamento alla “roba”. La persona giusta per succedere al Cavaliere
avrebbe potuto essere Teresilla, l’amatissima nipote dalla bellezza
prorompente, appassionata al rito della pesca dei tonni. Ma la calda
estate siciliana confonde i sensi del Cavaliere e trascende i tabù del
sangue… “Mi
pare evidente che La pupa di zucchero sia il punto più alto dell’attività di
Silvana Grasso. Il suo espressionismo linguistico ha raggiunto una
efficace miscelatura, mentre la costruzione a flashback rivela una
notevole maestria. (…) S’impone e trionfa in ogni momento il
paesaggio: una natura che la scrittrice fissa nelle ore più rivelatrici,
con i suoi colori, la sua maestà, il suo splendore.” (Cesare Segre, Il Corriere della Sera 01.11.2001) “Silvana
Grasso riscrive (sembra riscrivere) il verghiano Mastro
Don Gesualdo. Cosa hanno in
comune i due romanzi? Niente e tutto. Niente perché situazione e
personaggi sono situati in un tempo del tutto diverso in cui la lotta di
classe tra proletari e borghesi e borghesi e aristocratici non è nemmeno
un ricordo e al suo posto si è instaurata la lotta dell’individuo
contro se stesso ribelle ai condizionamenti della Storia; tutto perché
un uguale disfacimento e consunzione finale, un senso di morte definitiva
accompagna lo sviluppo dei due romanzi che tuttavia qui si annuncia con
una drammaticità tutta moderna”. (Angelo
Guglielmi, L’Unità 06.11.2001) “Mi
sembra che dopo i racconti d’esordio Silvana Grasso abbia scritto il suo
romanzo più riuscito. Qui non conta soltanto la parola scolpita e
sontuosa alla quale ci ha abituati, la felicità e l’azzardo delle
immagini, incrostate di termini dialettali (…) questa volta sono
controcanto a un racconto che, per quanto dispiegato e ben riconoscibile
non è meno sfaccettato e complesso.” (Lorenzo Mondo,ttL
06.10 2001) |
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