Leggere per non dimenticare - Anna Benedetti

 

 

  

mercoledì  27 marzo 2002  - ore 17.30

  Teatro della Pergola.
Via della Pergola 12 – Firenze

Silvana Grasso

La pupa di zucchero (Rizzoli 2001)

 

Dalla tonnara sull’Isola delle Correnti in una Sicilia arcaica e eterna, prende le mosse questo romanzo, storia di una grande famiglia tra speranze e delusioni, illusioni e cadute, fanatismo e profanazione, ostinati e opposti progetti esistenziali, tra presente e tradizioni. Le emozioni di tutta la vita del Cavalier Luchino Branciforti fanno capo alla sua tonnara, luogo religioso della pesca miracolosa, del sangue e del senso, della pura energia. Ma a Branciforti manca l’erede: il figlio Filippo non è che un cinico indifferente, il nipote Pietro, rappresentante di un nuovo mondo, un idealista sensibile, astratto e generoso che all’epica crudeltà della mattanza preferisce l’amore per gli animali, la filosofia e la poesia e uno stile di vita che non rispecchia il violento attaccamento alla “roba”. La persona giusta per succedere al Cavaliere avrebbe potuto essere Teresilla, l’amatissima nipote dalla bellezza prorompente, appassionata al rito della pesca dei tonni. Ma la calda estate siciliana confonde i sensi del Cavaliere e trascende i tabù del sangue…

 “Mi pare evidente che La pupa di zucchero sia il punto più alto dell’attività di Silvana Grasso. Il suo espressionismo linguistico ha raggiunto una efficace miscelatura, mentre la costruzione a flashback rivela una notevole maestria. (…) S’impone e trionfa in ogni momento il paesaggio: una natura che la scrittrice fissa nelle ore più rivelatrici, con i suoi colori, la sua maestà, il suo splendore.” (Cesare Segre, Il Corriere della Sera 01.11.2001)

 “Silvana Grasso riscrive (sembra riscrivere) il verghiano Mastro Don Gesualdo. Cosa hanno in comune i due romanzi? Niente e tutto. Niente perché situazione e personaggi sono situati in un tempo del tutto diverso in cui la lotta di classe tra proletari e borghesi e borghesi e aristocratici non è nemmeno un ricordo e al suo posto si è instaurata la lotta dell’individuo contro se stesso ribelle ai condizionamenti della Storia; tutto perché un uguale disfacimento e consunzione finale, un senso di morte definitiva accompagna lo sviluppo dei due romanzi che tuttavia qui si annuncia con una drammaticità tutta moderna”. (Angelo Guglielmi, L’Unità 06.11.2001)

“Mi sembra che dopo i racconti d’esordio Silvana Grasso abbia scritto il suo romanzo più riuscito. Qui non conta soltanto la parola scolpita e sontuosa alla quale ci ha abituati, la felicità e l’azzardo delle immagini, incrostate di termini dialettali (…) questa volta sono controcanto a un racconto che, per quanto dispiegato e ben riconoscibile non è meno sfaccettato e complesso.” (Lorenzo Mondo,ttL 06.10 2001)

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