Leggere per non dimenticare - Anna Benedetti

 

 

20 marzo 2002 mercoledì ore 17.30

Saloncino,
Teatro della Pergola
Via della pergola 12 - Firenze

Incontro con la poesia civile,
due poeti si raccontano
:

GIANNI D’ELIA
Sulla riva dell’epoca
(Einaudi, 2000)
e
PAOLO IACUZZI
Jacquerie

(Nino Aragno, 2000)

GIANNI D’ELIA - Sulla riva dell’epoca (Einaudi, 2000)

 “Ogni riva è approdo e partenza”, recita uno dei versi di questo nuovo lavoro di Gianni D’Elia, un “poema a diario” scritto fra il 1992 e il 1998. E sul discrimine di una riva che è insieme luogo d’elezione e varco temporale, spiaggia e finesecolo, scorrono, come in un libero montaggio filmico, i motivi e le interrogazioni del libro. Canzoniere parentale (dedicato alla sorella Lina, scomparsa nel 1996); riconsiderazione dell’utopia novecentesca attraverso le vicissitudini di una generazione “contro il muro dei padri schiantata” (gli anni Settanta e l’ancora attualissima vicenda Sofri); riflessione sulla lingua come guscio della sostanza significato, cioè dell’essere come corpo vivo e del suo interagire con “la comune presenza” (“rinasce il sentire dal guardare, e da quello ancora il pensare …”); la speranza di un autentico legame fra io singolo e storia collettiva, l’empatica contiguità con l’altro in un “andare accanto” che dà spessore alla vita.

 

“Per D’Elia, dietro l’onda di Pasolini, si profila lo sguardo glaciale e paradossalmente vitale, del Leopardi della “Ginestra”. Alla sua nuda verità può essere sacrificato il canto: “se avete conosciuto una forma di vita, / restate fedeli alla vostra ferita” (Massimo Raffaelli, Il Manifesto 24.06.2000).

“Noi, nati alla metà del secolo…” dice Gianni D’Elia in uno dei testi più intensi di Sulla riva dell’epoca. E più avanti evoca “l’eco fonda della prima persona plurale”. Non è frequente trovare in un libro di nostri contemporanei una invocazione così secca, così perigliosa. Ed è plurale anche il titolo di queste rime: dove “riva” è il luogo di partenze e insieme di approdi. (Pietro Ingrao, Il Manifesto 24.6.2000).

POLO IACUZZI - Jacquerie (Aragno, 2001)

 Paolo Fabrizio Iacuzzi salutato da Giovanni Giudici, in occasione della pubblicazione del suo primo libro, Magnificat, “come l’indizio che una stagione nuova è iniziata nella nostra poesia” ci propone con Jacquerie un’opera seconda di straordinaria maturità. Un affresco corale in versi di personaggi ed eventi che hanno attraversato la storia del Novecento. Risalendo alla radice del proprio cognome, il poeta arriva a quel Jacques (da cui Jacquerie) che è l’incarnazione di un’indomita anima contadina ribelle. Nelle “stanze” di questo polittico poetico vengono rappresentati la campagna d’Albania del nonno, il campo di prigionia in Germania del padre, la Resistenza e un dopoguerra di lotte civili, la vita di un orfanotrofio e di un centro per accoglienza per minori, la guerra del Kosovo e l’emarginazione degli immigrati. Rievocando drammaturgicamente violenze storiche, migrazioni e conflitti sociali, il poeta interpreta in tono profetico la sua e la nostra storia.

 

Jacquerie diventa anche un micro manuale di storia e di sociologia; e insieme (se è lecito il confronto) uno di quei grandi affreschi dove l’Artista usava un tempo riservarsi lo spazio per un minuscolo, furtivo autoritratto.” (Giovanni Giudici, Corriere della Sera 21.12.2000)

“Iacuzzi ha cercato una lingua speciale… la sua è una lingua mitragliata, che non serve né per comunicare né per fare letteratura, è una lingua ferita dalla quale cadono via le congiunzioni, le preposizioni e dove saltano le connessioni che sembravano stabilite una volta per sempre” (Alba Donati, La Nazione 30.1.2001)

Notizie biobibliografiche su Gianni D'Elia e Paolo Fabrizio Iacuzzi

Dal 20 febbraio 2002, a causa dei lavori che rendono temporaneamente inagibile la Biblioteca Comunale Centrale, e per consentire la partecipazione a un pubblico sempre più numeroso, gli incontri avranno luogo al Saloncino del Teatro della Pergola
Via della Pergola 12 - Firenze, gentilmente concesso dall'Ente Teatrale Italiano.