Leggere per non dimenticare - Anna Benedetti


9 gennaio 2002 ore 17.30
CLAUDIO MAGRIS
La Mostra
(Garzanti, 2001)
Introducono: Enzo Golino e Ernestina Pellegrini

Racconto, teatro o libretto d’opera, La mostra mette in scena il destino minimo di un uomo –il pittore triestino Vito Timmel, morto in manicomio– e la sua regale, anarchica autodistruzione. L’esistenza di quest’uomo randagio viene ricostruita a brandelli attraverso le sue stesse parole e quelle di amici, carcerieri e volenterosi guaritori, compagni d’osteria e d’arte, personaggi sanguigni e larvali, donne struggentemente amate e ferocemente perdute, cori di voci e di cose che dicono la demenziale verità del mondo. Testo violento, visionario e tragicomico, La mostra è la storia, narrata come dopo un diluvio, di un uomo che cerca di salvarsi nella dimenticanza e si dibatte nella contraddittoria necessità di uccidere il passato e di farlo vivere, di amare la vita e di spegnere questo amore che fa così male, faccia a faccia con l’esistenza incantevole, insostenibile, con le sue schegge di poesia e la sua vorticosa infelicità.

“I temi di fondo, sono quelli che troviamo variamente nell’opera di Magris: la dissociazione dell’io, la fatalità e la responsabilità del male, il confronto tra vita e letteratura, il disincanto sempre incalzato da una speranza più alta e sfuggente. (Lorenzo Mondo, La Stampa 24.05.2001).

“…un testo singolarissimo e straziante, in cui mille diverse voci e mille diversi toni si intersecano e collidono offrendosi per intero a una vicenda tragica e incantata: quella di un uomo che è  sopravvissuto alla moglie morta, che non ha sostenuto la possibilità di un nuovo amore; che ha smantellato con coraggio il proprio autocompiacimento di artista bohémien. Un uomo che da ultimo è affondato nell’alcool e nella pazzia nel tentativo grandiosamente vano di annullare il proprio io al fine di “desmentegar”. (Franco Marcoaldi, La Repubblica 6.06.2001)

La mostra, segna con nettezza una svolta nella scrittura di Magris. Saggista e narratore, dopo questo libro Magris è soprattutto poeta, abbacinante poeta del dolore”. (Cesare De Michelis, L’Arena/Il Giornale di Vicenza 4.07.2001)

 

La mostra è un libro bellissimo e sarebbe arduo scegliere i momenti migliori: nondimeno, all’apparire di Maria, la moglie morta prematuramente, lo strazio si fa quasi tangibile, e il sentimento respinge i sofismi della ragione. Poche volte mi è capitato di leggere pagine così composte e struggenti.” (Giampaolo Rugarli, Il Mattino 21.6.2001).

“Il teatro  può essere una risorsa preziosa per i grandi professionisti della parola non teatrale…  Il caso del testo di Magris mi sembra, paradigmatico. Con quale altro linguaggio, in quale altro spazio espressivo l’autore di Danubio e di Lontano da dove avrebbe potuto dare  alla vicenda di Vito Timmel una collocazione ambientale e storica così rapsodica e al tempo stesso così corposa, una risonanza allegorica così immediata, una profondità introspettiva (e persino, verrebbe voglia di insinuare, autobiografica) così ineluttabile?” (Giovanni Raboni, Il Corriere della Sera 10.05.2001).

“Autore di centinaia di pagine impeccabili, Magris avverte sempre più, anno dopo anno, il bisogno di sacrificare ogni impeccabilità affinché il dono di sé sia totale. E la totalità di un uomo è sempre peccabile. Questo fa di lui l’unico vero maestro, forse, della nostra cultura” (Luca Doninelli, Il Giornale 24.05.2001).

La mostra prende forma di un oratorio della discorsività psichica con l’aspetto concentrico di racconto dialogato, di conversazione teatrale, di libretto d’opera che Magris sperimenta fino in fondo con rinnovata linfa espressiva” (Renato Minore, Il Messaggero 19.06.2001).



Vito Timmel
Ritratto


Vito Timmel
Paesaggio

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