Leggere per non dimenticare - Anna Benedetti

 


19 novembre 2001 Lunedì

SEBASTIANO VASSALLI
Archeologia del presente
(Einaudi, 2001) 

Introduce: Piero Gelli
Letture di Patrizia Ficini

Attraverso la vita di una coppia, Leo e Michela, il nuovo romanzo di Vassalli rievoca gli ultimi trent’anni del Novecento con le loro grandi illusioni finite tra i ferri vecchi ideologici, politici, civili: l’illusione della protesta giovanile e della rivoluzione e poi via via l’illusione del pacifismo, dell’antipsichiatria, dell’insegnamento interdisciplinare, del femminismo, dell’antirazzismo multietnico. E tante illusioni minori: l’omeopatia, l’ecologia, l’animalismo, la macrobiotica, il volontariato, l’adozione, ecc. ecc. I due protagonisti sono due donchisciotte che combattono contro tutti i mulini a vento del loro tempo, testardi anche a costo di diventare ridicoli, irriducibili nello sfidare le proprie contraddizioni senza neanche vederle: le loro vicende – che sono appunto quelle dei nostri ultimi tre decenni -  ci vengono restituite dall’autore con una distanza che ce li fa apparire remote come fossimo dentro un romanzo storico e insieme tragicamente vicine. Il che spiega l’ossimoro del titolo. 

Archeologia del presente, narra questa parabola fallimentare con pacatezza, con semplicità e insieme con un ritmo pressante che invita il lettore a procedere senza cali di tensione attraverso le mille battaglie (pubbliche e private) di Leo e Michela, fino al diluvio” (Paolo Di Stefano, Corriere della Sera 04.06.01)

“Al pessimismo di Vassalli appare congeniale e produttivo l’esercizio del sarcasmo. Dispiegando il talento di un narratore che sa fare romanzo sulla traccia di un divertente e insieme amaro pamphlet.” (Lorenzo Mondo, Tuttolibri 23.06.01).

“C’è, in Vassalli, che si cela dietro la figura del narratore-architetto amico di Leo e di Michela (né canaglia né illuso ma “così così”, come ama definirsi), l’ambizione di offrire una cronaca senza finzioni. Mescolando il sarcasmo e la satira a quel sofferente lirismo della sconfitta – il motivo migliore della sua narrativa – che conoscevamo da La notte della cometa e La chimera.” (Giovanni Pacchiano, Il Sole 24ore 17.06.01).

“A Vassalli pare essere ritornata quella vena iconoclasta di un’ironia ghignosa e moralista con cui aveva alimentato la sua narrativa fino all’impegnativa svolta de La chimera. Non che l’avesse mai del tutto perduta ma, in qualche modo, veniva come sottintesa alle storie che raccontava. Qui no, qui torna in piena facciata: le vicende o cronache quotidiane di Leo e Michela, nei tre decenni che vanno dal 1970 alla fine degli anni Novanta, non hanno nulla di romanzesco ma, nella loro esemplarità, lasciano tutto il possibile spazio  all’autore e, per lui, al suo narratore, per allestire un repertorio spesso esilarante di amaro quanto salutare nichilismo… Disturbante e coraggioso, il libro è un fuoco di fila nato da una pietà così intensa da rasentare la ferocia.” (Ferruccio Parazzoli. Famiglia Cristiana 08.07.01).

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