Leggere per non dimenticare - Anna Benedetti

 

24 ottobre 2001 mercoledì ore 17.30
Biblioteca comunale centrale, via S. Egidio, 21 - Firenze

LUIGI PINTOR:
Il nespolo
(Bollati Boringhieri, 2001)

Introducono: Rosanna Bettarini e Pietro Ingrao

“Giano ha cento anni e ha deciso di sedersi sotto un nespolo a contare i giorni senza più cedere alle tentazioni mondane. Gli sembra una decisione assennata e adeguata alle circostanze. Non farà nulla e lascerà vagare i suoi pensieri come nuvole oltre il fogliame. L’estate è una stagione che favorisce questa disposizione d’animo. I castagni e i faggi delle colline sono più ombrosi di un nespolo ma la preferenza di Giano per questo albero gramo dipende dal fatto che ne aveva uno nel giardino di casa. Tra i suoi rami fioriscono ricordi più gradevoli di tutto il resto …"

“Di classici non ce n’è più. L’unico rimasto è Luigi Pintor… Da tanto tempo non leggevamo un libro così straordinariamente semplice, così tranquillamente drammatico, così ferocemente persuasivo come Il Nespolo. …Ma se Il Nespolo è la confessione di una disperazione essenziale, di un dolore senza remissioni (di cui la morte dei figli è solo la più drammatica delle occasioni) così alto e impronunciabile da non trovare sfogo che nel silenzio della poesia, il Nespolo non è solo questo: molte altre, pur nella sua dimensione striminzita, sono le proposte di lettura che contiene. Puoi leggerlo come un libro di massime, puoi leggerlo come un trattato di storia della sinistra, puoi leggerlo come un libro di fantasie leggere, ma soprattutto lo puoi leggere come un piccolo libro di grande scrittura, affidato ad una lingua che non avendo nulla da chiedere sa far tesoro di povertà e semplicità, rinnovando la virtù di chi è consapevole che il massimo della presenza coincide con l’essere schivo”. (Angelo Guglielmi, Diario 06.04.2001).

Il nespolo è un breviario di buona scrittura (il Vangelo è da sempre il manuale su cui Pintor misura la prosa) ed è anche una meditazione sulla famiglia, la gioia, il lutto, il cordoglio e la pena. Giano si pone le domande di Giobbe: a che vivere se c’è il Male? Al tempo stesso è un’opera che resterà nella nostra letteratura. Mai, come nel XXI secolo, solo gli outsider alla Pintor popolano e rinnovano il nostro canone letterario, dissanguato dall’Accademia.” (Gianni Riotta, Corriere della Sera 17.03.2001).

 “Non ci sono vie consolatorie per Pintor. Né scorciatoie di vita. Piuttosto, una confessione di vanità (memoria dell’Ecclesiaste). Della politica (scaduta, adesso, rispetto a ideali e illusioni). Dei tentativi di cambiare il mondo. Del testardo scrivere sui giornali. Della stessa ricerca di private felicità. Cosa resta? Questo stesso libro. E la malinconica felicità di chi lo legge. Tutt’altro che un vano esercizio”.  (Antonio Calabrò, Sole 24Ore 01.04.2001).

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