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ottobre 2001 mercoledì
ore 17.30
Biblioteca comunale centrale, via S. Egidio, 21 - Firenze
LUIGI
PINTOR:
Il nespolo (Bollati
Boringhieri, 2001)
Introducono:
Rosanna
Bettarini e Pietro Ingrao
“Giano
ha cento anni e ha deciso di sedersi sotto un nespolo a contare i giorni
senza più cedere alle tentazioni mondane. Gli sembra una decisione
assennata e adeguata alle circostanze. Non farà nulla e lascerà vagare i
suoi pensieri come nuvole oltre il fogliame. L’estate è una stagione
che favorisce questa disposizione d’animo. I castagni e i faggi delle
colline sono più ombrosi di un nespolo ma la preferenza di Giano per
questo albero gramo dipende dal fatto che ne aveva uno nel giardino di
casa. Tra i suoi rami fioriscono ricordi più gradevoli di tutto il resto
…"
“Di
classici non ce n’è più. L’unico rimasto è Luigi Pintor… Da tanto
tempo non leggevamo un libro così straordinariamente semplice, così
tranquillamente drammatico, così ferocemente persuasivo come Il
Nespolo. …Ma se Il Nespolo è la confessione di una disperazione essenziale, di un
dolore senza remissioni (di cui la morte dei figli è solo la più
drammatica delle occasioni) così alto e impronunciabile da non trovare
sfogo che nel silenzio della poesia, il
Nespolo non è solo questo: molte altre, pur nella sua dimensione
striminzita, sono le proposte di lettura che contiene. Puoi leggerlo come
un libro di massime, puoi leggerlo come un trattato di storia della
sinistra, puoi leggerlo come un libro di fantasie leggere, ma soprattutto
lo puoi leggere come un piccolo libro di grande scrittura, affidato ad una
lingua che non avendo nulla da chiedere sa far tesoro di povertà e
semplicità, rinnovando la virtù di chi è consapevole che il massimo
della presenza coincide con l’essere schivo”. (Angelo
Guglielmi, Diario 06.04.2001).
“Il
nespolo è un breviario di buona scrittura (il Vangelo è da sempre il
manuale su cui Pintor misura la prosa) ed è anche una meditazione sulla
famiglia, la gioia, il lutto, il cordoglio e la pena. Giano si pone le
domande di Giobbe: a che vivere se c’è il Male? Al tempo stesso è
un’opera che resterà nella nostra letteratura. Mai, come nel XXI
secolo, solo gli outsider alla Pintor popolano e rinnovano il nostro
canone letterario, dissanguato dall’Accademia.” (Gianni Riotta, Corriere
della Sera 17.03.2001).
“Non
ci sono vie consolatorie per Pintor. Né scorciatoie di vita. Piuttosto,
una confessione di vanità (memoria dell’Ecclesiaste). Della politica
(scaduta, adesso, rispetto a ideali e illusioni). Dei tentativi di
cambiare il mondo. Del testardo scrivere sui giornali. Della stessa
ricerca di private felicità. Cosa resta? Questo stesso libro. E la
malinconica felicità di chi lo legge. Tutt’altro che un vano
esercizio”. (Antonio Calabrò, Sole
24Ore 01.04.2001).
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