Cos'è che l'ha
spinta a ricordare e a raccogliere per iscritto i suoi pensieri e le sue
esperienze dell'anno scolastico 1985/1986? In quel periodo la mattina insegnavo e nel pomeriggio lavoravo in Redazione al manifesto. Un redattore mi chiese di fare una rubrica sulla scuola. Io scrivevo articoli di carattere sindacale e mi sembrò un'idea interessante parlare di scuola. Mi interessava molto la narrativa che scriveva di scuola. Di come è cambiata la scuola. La prima puntata venne sotto forma di racconto. Il titolo era Ex cattedra Qual è il
motivo del suo pessimismo e della forte ironia ricorrente in tutta la sua
opera? Si è ispirato a qualche autore in particolare. Immaginiamo
un «tavolo» per una nuova riforma, della scuola. Chi facciamo sedere e
chi teniamo fuori dalla porta? Farei
sedere quegli insegnanti che, comprovatamente, hanno tenuto e tengono in
piedi la baracca nel disinteresse generale, malgrado lo stipendio da fame,
con passione, competenza disciplinare, immaginazione e disponibilità. Non
sono moltissimi, ma se la scuola media non è andata del tutto a pezzi è
merito loro. Fuori invece terrei tutti quelli che truccano le carte e
vogliono inseguire standard europei con una scuola facile, di
intrattenimento. E tutti quelli che ti prendono per pazzo quando chiedi
una scuola che dia a tutti, senza perdersi nessuno per strada, una
istruzione di qualità. La
cosa peggiore che è stata fatta in questi anni. Non
realizzare una mobilitazione sociale permanente intorno ai problemi della
scuola pubblica. La
cosa migliore. E'
difficile trovarne. Abolire il rito degli esami di riparazione, forse.
Spazzare via il vecchio esame di maturità. Ma quello che è seguito ha
mostrato che al peggio non c'è mai fine. |