Segretariato per le politiche europee
Il mito di Europa. Radici antiche per nuovi simboli.
Il mito di Europa ha origini antichissime. Le prime tracce scritte di questa storia leggendaria sembrano risalire addirittura all’ottavo secolo a.c..
Si narra che Europa, principessa fenicia, figlia del Re di Tiro, sia stata sedotta da Zeus, sotto le sembianze di un toro bianco. Il dio che amava cambiare aspetto si invaghisce della fanciulla, mentre lei coglieva fiori in un prato e se ne adornava insieme alle ninfe. Così, trasformatosi in un toro, "dal colore quale neve non calpestata da orme di greve passo (…) che nulla di minaccioso ha nell’aspetto, né lo sguardo incute paura; l’espressione foriera di pace" (Ovidio, Metamorfosi, II), distrae la fanciulla con il profumo dei fiori e la conduce fino a Creta, cavalcando le onde del Mediterraneo. Da questa unione deriva l’intera stirpe dei fenici, Minosse, re di Creta, Sarpedonte, re della Licia, Radamanto, giudice degli inferi.
Questo è, in breve, il mito che Luisa Passerini, docente di storia del ventesimo secolo presso l’Istituto Universitario Europeo di Fiesole, ha messo al centro del suo ultimo libro, edito da Giunti: lavoro prezioso in cui viene offerta una ricchissima analisi di fonti letterarie e figurative, nel duplice intento di leggere la storia attraverso l’arte e di collocare il mito di Europa in una prospettiva moderna, legata agli eventi del nostro tempo.
Si tratta di un mito che può essere inteso come una vera e propria "cosmogonia", che narra di origini, che unisce terra, mare e cielo, continenti e popoli. Un mito che si compone di tre elementi strutturali, ciascuno dei quali è già di per sé molto evocativo: il toro, la donna e l’acqua. Sta qui, forse, anche il segreto della ricchezza interpretativa che ne ha caratterizzato la persistenza nel corso della storia, pur con alterne vicende.
Il toro, come immagine, può rappresentare l’autorità, il potere, il rapporto tra l’essere umano e la natura… è il toro della tauromachia, della corrida spagnola, ma anche il toro di Wall Street, il potere economico.
Il mare, invece, il simbolo del movimento, dell’acqua intesa come fonte di vita, dinamismo…. può richiamare l’itinerario della storia del nostro continente, il rapporto tra i popoli, l’idea del Mediterraneo come elemento aggregante e di apertura alla dimensione interculturale.
La femminilità, infine, al centro del mito: la donna viene spesso raffigurata come fanciulla rapita e ingannata dal toro, ma anche come colei che alla fine doma e domina il suo divino seduttore ed il mare che insieme attraversano. Proprio questa ambivalenza di significati ci invita a suggestive riflessioni.
In chiave storico antropologica il mito è stato letto facendo riferimento all’antico costume del matrimonio con ratto e, quindi, come passaggio dalle società matrilineari alle forme di patriarcato; oppure, più in generale, come rappresentazione di quel movimento migratorio che ha segnato il passaggio del dominio, sul Mediterraneo, dagli egizi ai greci e che ha contribuito alla diffusione dell’alfabeto. Altro ramo interpretativo molto interessante è quello che allude, invece, all’ultima modernità, in particolare, al fenomeno dell’emancipazione femminile, all’autonomia della donna rispetto all’uomo e alla nuova definizione dei ruoli all’interno della famiglia. Facendo ancora riferimento al novecento europeo c’è chi, come Salvador Dalì, nella sua "teoria della catastrofe", mette in evidenza uno degli aspetti più oscuri del mito, quello della violenza, pensando ad un parallelo con le tragiche vicende di un’Europa messa a ferro e fuoco dal nazismo.
L’autrice ci propone, concludendo, una sintesi armonica di tante diverse interpretazioni, senza affatto distogliere lo sguardo dall’Europa del tempo presente, tra utopia e realtà, convinta che anche del mito abbiamo bisogno, se vogliamo colmare quel deficit simbolico che caratterizza l’attuale processo di costruzione europea. Rielaborare un mito, infatti, non è certo pretendere di esaurirne mai il mistero: anzi, ci interessa proprio perché può essere una fonte di nuova elaborazione collettiva, perché unisce in sé sapere scientifico e sapere magico, fa da cerniera tra dimensione conscia ed inconscia.
Non è possibile racchiudere la nostra Europa in un’idea. Ma se dovessimo provare a farlo, il primo pensiero che mi viene in mente è che una vera unione è possibile solo a partire dalle nostre diversità: Europa nasce nel confronto, nella scelta politica di attribuire valore al dialogo e cresce proprio in questo scambio, anche quando la dialettica sembra non tradursi in posizioni chiare.
Le due immagini, le due storie, di Europa come relazione, donna/toro, e di Europa come spazio fisico–geografico sono molto vicine, in fondo, anche nell’aspetto dell’ambiguità: così come condivisione e trasgressione, seduzione e violenza, desiderio e paura sono un misto di sentimenti, altrettanto diverse accezioni possiamo scoprire nel tentativo di dare dei confini a questo nostro territorio…. dove comincia Europa e dove si ferma?
Se, da un lato, il nostro momento storico appare minato da ambizioni imperialiste pronte a difendere le "conquiste di benessere" del mondo occidentale, anche a costo di nuovi assurdi conflitti, dall’altro, esprime, in contrapposizione, un fermento culturale e sociale tutto nuovo, che ci impone il desiderio di un’Europa "Riunificata" (non solo unita!), aperta a rinnovate forme di identità, foriera di pace, prosperità e rispetto dei diritti umani. In questo senso, come ci suggerisce il parlamentare dei Paesi Bassi, Wim Kok, nell’ultima relazione presentata alla Commissione Europea nel marzo scorso, "la prospettiva di ampliamento da 15 a 25 Paesi membri non deve essere vissuto come una minaccia, ma come un fattore di rinnovamento" che ci aiuterà ad affermare i valori della democrazia pluralistica, l’economia della conoscenza, la solidarietà tra i popoli.
L’Europa dei giorni nostri è impegnata, attraverso i lavori della Convenzione, a darsi un vero e proprio testo costituzionale, in cui ogni cittadino possa riconoscersi: è un’Europa di speranze, di incertezze, ma anche di potenzialità estreme, un’Europa che interroga ognuno di noi, che sollecita una politica nuova, capace non solo di amministrare, ma di mobilitare la passione dell’uomo per la terra a cui appartiene….
Europa, sarai quella che noi vorremo!
Giusy Rossi,
entusiasta di Europa
Pagina a cura di Dario Zuliani
Data di verifica/aggiornamento: 16-04-2003